Impegnativo. Il Gavia non è semplice ma, come tutte le cose difficili, basta conoscerlo. E’ sicuramente una strada che racchiude natura, sport e storia. Come quella del Capitano Berni.
L’origine della strada del Gavia è molto antica: sin dal Medioevo, numerose carovane di mercanti, provenienti dalla Repubblica di Venezia, attraversavano il passo per collegarsi alla Via Imperiale d’Alemagna e, da lì, raggiungere i paesi del nord Europa. Molti furono i caduti nel tentativo di compiere la traversata a causa delle condizioni climatiche spesso proibitive, delle slavine e della valanghe tanto che, il valico, era conosciuto anche come Passo della Testa di Morto. Tale nome fu tristemente confermato nel 1954 quando 18 giovani alpini morirono in un incidente a seguito del cedimento del fondo stradale.
Nei secoli, la strada è stata oggetto di lavori di ampliamento e ristrutturazione e oggi, seppur ancora in alcuni punti stretta ed esposta, è completamente asfaltata e sicuramente affascinante.
Ma la vera anima del Gavia è il Capitan Arnaldo Berni, un giovane soldato che qui ancora riposa. Durante la Grande Guerra, il Gavia (con lo Stelvio e i Forni) faceva parte del fronte dove ebbero luogo numerose battaglie tra austriaci e italiani. Tra queste, spicca quella del S. Matteo, combattuta a oltre 3.500 m d’altitudine. Proprio il giovane capitano portò alla conquista della vetta nell’agosto del 1918. Qui si trincerò per difenderla ma, il 3 settembre, rimase ucciso durante un contrattacco austriaco e il suo corpo non fu mai ritrovato. Parenti e amici non si sono mai arresi e, ancora oggi, in primavera, vengono organizzate spedizioni per cercarlo.